Voilà il cinecioccolatino!
Parola di Jean-Pierre Améris: se non vi funzionano bene i centri sottocorticali dell’encefalo, in particolare l’amigdala, iscrivetevi ad un gruppo EA.
Lui stesso, paralizzato da un eccesso di emotività, ne ha fatto parte, quando l’Associazione nata negli USA ( manco a dirlo), negli anni ’70, sulla scia della premiata associazione Alcolisti Anonimi, approdò anche in Francia.
Oppure vai dallo psicologo, come tutti.
Sono le due strade scelte dai Protagonisti del film colpiti da anoressia sociale per eccesso di sudorazione e reiterato svenimento.
Angélique e Jean-René Van Den Hugde, con il fardello della loro emotività trasbordante e imbarazzante e paralizzante, si incontrano sotto il segno del cioccolato e si innamorano tortuosamente, fintantochè finalmente “vengono” in una camera d’albergo, che per scontatissima finzione cinematografica, si vuole erroneamente prenotata a nome di entrambi.
Garbato e lieve, sapientemente interpretato da Isabelle Carré e Poelvoorde, vuole essere una favola metropolitana, ove anche il burbero è benefico e tutti si prestano a perseguire il lieto fine con buoni consigli e generose azioni.
Il Regista sembra tener d’occhio Chocolat e Il favoloso mondo di Amèlie, ma del primo non trova il ritmo, del secondo non sfiora il tasso di creatività.
Alto invece il tasso glicemico del previdibilissimo svolgimento della vicenda, che procede tra l’emotività imbranata di lui e l’emotività imprenditoriale di lei, genio cioccolattiero che salverà dalla bancarotta il goffo innamorato.
«Purché non succeda nulla!» ansiogeno augurio del padre del protagonista, diventa ahimè il leitmotiv del film.
Generale sospiro di sollievo nel veder, in breve, allontanare il duetto a gambe levate, in abito da cerimonia ( ma quanto è carina lei!), nella scena finale del film.