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Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams per la regia di Antonio Latella

2012/03/10 - Teatro di: MG Colombo
Teatro Argentina
28 febbraio | 11 marzo 2012
Largo di Torre Argentina, 52 
Roma
 

 

 

Il titolo evoca immediatamente ed inequivocabilmente lo splendido Marlon Brando del film del 1947 di Elia Kazan, con la sua dirompente fisicità e novità interpretativa.

Non si sottraggono al fascino neanche Latella e il suo costumista Fabio Sonnino, che, con vincente humor e gusto vintage,  rendono omaggio  all’indimenticabile grande  interprete facendolo comparire sulle t-shirts di Vinicio Marchioni, novello Stanley Kowalski, assolutamente all’altezza della situazione, memore delle sue performances di violento nel ruolo del Freddo della serie  Romanzo criminale, con l’aggiunta di coatta gestualità ed eloquio da emigrante in corso di integrazione. 

Non fa davvero rimpiangere Vivien Leigh la Blanche Du Bois di una intensa veramente straordinaria Laura Marinoni, da cui e per cui si scatena il dramma personale e sociale.

E’ proprio dalla vibrante quasi febbricitante presenza di lei ormai consegnata all’ospedale psichiatrico, che Latella, capovolgendo il testo, parte per ricostruire il plot.

Due mondi a confronto con i loro valori aspirazioni conflitti, ingigantiti nella mente di Blanche dalla malattia mentale, tema caro a Tennessee, anche per dolorose vicende familiari.

In un’intervista del1982, lo Scrittore rese pubblica la vicenda della sorella Rose sottoposta dalla madre ad un intervento di lobotomia per un eccesso di perbenismo dettato da un insensato puritanesimo.

Molto efficaci anche gli altri interpreti Elisabetta Valgoi, Giuseppe Lanino, Annibale Pavone e Rosario Tedesco.

Fastidiosissime invece le luci di Robert John Resteghini, sparate nei bulbi oculari degli inermi spettatori; inutilmente affastellate le suppellettili di scena da Annelisa Zaccheria, forse a significare la deformata  contorta visione della realtà da parte di Blanche, con utilizzo a volte incoerente da parte degli attori ( che ci fa, alla fine, l’ottimo Mitch dentro il frigorifero??!).

Da soprassalto le musiche di Franco Visioli, amplificate con eccesso di decibel dalle protesi foniche inserite negli arredi di scena, però funzionali al taglio registico di forte piglio realistico di un sempre più internazionale Antonio Latella.

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