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Marco Rossari L’unico scrittore buono è quello morto. Edizioni e/o 2012

2013/01/04 - Letteratura, Saggio di: MG Colombo
Marco Rossari L’unico scrittore buono è quello morto. Edizioni e/o 2012

Twittare in modo ultimativo su Paolo Giordano ma anche su Mo Yan è cosa oggi concessa a tutti e non scevra da cali di vendita dei medesimi.

Con la forza irresistibile del suo humor  Marco Rossari si chiede cosa accadrebbe ad un Tolstoj, ad un Joyce impegnati a rispondere ad una radiofonica intervistatrice, si presume fresca di scuola di scrittura creativa, di poetry slam, in odore di self editing, e pertanto autoautorizzatasi a sparar cazzate su ispirazione linguaggio lungaggini etcetera di lorsignori gli scrittori.

Con humor raffinato e sfrenato, così aderente al reale per chi conosca un pò circoli di lettura, kermesse letterarie, facebookiani anonimi ma a tempo pieno, si ipotizza uno Shakespeare alle prese con garrula conduttrice, esperta di dazzle camouflage letterario, che lo stana, con furia recensoria degna di miglior causa, accusandolo di plagio e, perentoria, lo invita a fare coming out sui testi ispiratori.

Inutilmente il Bardo dichiarerà di “averci messo la poesia”…

 

Straordinari performers della stroncatura beccati da Rossari nella vasta letteratura dei blog, libri, riviste, interviste ( rimando a surreali cose udite a Piùlibripiùliberi di questo anno) e riportati per lo spiscio di chi legge.

Rossari si e ci crogiola tra aforismi aneddoti massime straniate e stranianti ad alimentare il divertimento ma anche la riflessione sul mestiere dello scrittore ai tempi di Twitter e più ancora sulla Scrittura.

Pescate nella marea:

“C’era uno scrittore che non veniva a capo della sua mastodontica opera capitale, così se la legò al collo e si buttò nel fiume. In ogni caso, sarebbe stato un flop”.

“C’era uno scrittore che aveva letto un solo libro, il suo. E gli era bastato”. C’è pure quello  “che considerava la letteratura finita, anche perché non leggeva mai un libro.”

E che dire di quello che “stroncava montagne e partoriva topolini” e di quello “che decise di vivere recluso e non pubblicare più. Nessuno venne a cercarlo”.

“Marco Rossari è nato” .

PUNTO: è di per sè una buona notizia.

Così in quarta di copertina con la medesima beffarda lapidarietà adottata per gli altri, in felice ricerca di basso profilo, con la consapevolezza dei rischi da sovraesposizione, l’Autore si autodefinisce.

Con eccesso di umiltà e finale sberleffo, a chi vuol capire.

( Piace uguale sul suo sito la frase di apertura:

“C’era uno scrittore che si credeva Proust. Era Proust”)

 http://marcorossari.com/

 

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