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Pablo Echaurren: questo non è un paese per artisti.

2013/02/20 - Attualità, Discussioni di: MG Colombo
Pablo Echaurren: questo non è un paese per artisti.

Il MAXXI e il nostro prodotto interno artistico

 Da Huffington Post 28/12/2012

” Per riassumere: io mi ero espresso contro certe scelte unidirezionali sedicenti internazionali del MAXXI (come la grande mostra di Jeff Koons preannunciata e poi annullata) indicando che un’altra strada era possibile, una strada tutta in salita, una strada certo non praticata dai nostri curator per paura di venir declassificati dai loro colleghi anglo americani, soprattutto. Dicevo che per essere davvero originali non bisogna per forza accodarsi, non bisogna prostrarsi di fronte alle glorie precostituite, non è obbligatorio riferirsi sempre a cose già scontate e comunque elaborate altrove (all’estero, in asta, da gente con le mani in pasta).

In sostanza dicevo che per essere internazionali bisognerebbe avere il coraggio di essere anche “provinciali”, orgogliosamente locali. Indipendenti. Essere cioè capaci di mostrare quanto del nostro “prodotto interno artistico” sia meritevole di maggiore attenzione offrendogli finalmente l’occasione di entrare in uno scenario allargato e meglio illuminato. Dicevo che nella ricerca e nello scavo delle nostre radici è possibile ritrovare fermenti vitali, elementi di contatto, segmenti di deriva, in grado di competere e dialogare con quelli già riconosciuti e globalizzati.

Ebbene, senza nulla togliere agli artisti di fama conclamata, mi piacerebbe fare dei raffronti, spaccare i fronti e le divisioni che tendono a incasellare gli artisti in serie A, B o C. Penso, per esempio, che sarebbe bello poter organizzare dei duetti tra un artista nostrale e una star internazionale. Mostrare i punti di contatto, il comune brodo di cultura, addirittura in certi casi la misconosciuta primogenitura.
Vado così, a bischero sciolto.

Pensate: Alberto Burri-Robert Rauschenberg (chi ricorda il fertile soggiorno italiano di Rauchenberg negli anni Cinquanta? Chi ha preso da chi?), Gastone Novelli-Cy Twombly, Gianfranco Baruchello-Öyvind Fahlström, Mario Schifano-Larry Rivers. Oppure mettere in relazione (non in competizione) gli stencil di Franco Angeli con quelli della generazione di Bansky.

Riallacciare la grafica e l’anti-arte degli Indiani metropolitani (ora studiata perfino all’università di Yale ma non da noi) a quella della ormai celebrata e ultra riconosciuta ribellione punk. Indagherei sulle influenze odierne del Futurismo nelle culture giovanili, dalle arti plastiche all’hip hop, alla techno. Oppure mi piacerebbe vedere allestite delle antologiche postume (arci dovute) del Professor Bad Trip (Gianluca Lerici) e di Piermario Ciani (antesignano di quei progetti virali che furono Great Complotto e Luther Blissett Project).

Proporrei una bella indagine sulla eccellenza della ceramica contemporanea in Italia (nel mondo per dire ceramica si dice Faience, Faenza). Farei incontrare le sperimentazioni grafiche made in Usa di “Raw” (di Art Spiegelman) con il fumetto d’avanguardia del nostrano “Frigidaire”, esplorerei le sottoculture più oscure, miscelerei “alto” e “basso”, grafica e musica. Ospiterei l’invasione bio-meccanica degli abitanti di Mutonia, la cittadella ribelle dei Mutoid Waste Company a Santarcangelo di Romagna.

Proporrei… farei… ospiterei… Non darei tregua ai pantofolai del trito & ritrito. Del rito autocelebrativo tipico degli gnomi che, per mettersi in evidenza, saltano sulle spalle dei soliti nomi. E infine che dire dell’indimenticato farmacista di Alba Pinot Gallizio che con i suoi rotoli di pittura industriale realizzata da assistenti ha anticipato nientepopodimenoche l’idea stessa della Factory?

Ci vogliamo provare?”

Pablo Echaurren

http://www.huffingtonpost.it/pablo-echaurren/il-maxxi-e-il-nostro-prod_b_2371006.html?utm_hp_ref=tw

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