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Manuela Kustermann ne Il padiglione delle meraviglie.

2013/09/30 - Teatro di: MG Colombo
Manuela Kustermann ne Il padiglione delle meraviglie.

STAGIONE TEATRALE 2013-2014

TSI La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello

in collaborazione con Compagnia Massimo Verdastro

dal 4 al 13 ottobre 2013

Manuela Kustermann

IL PADIGLIONE DELLE MERAVIGLIE

di ETTORE PETROLINI

padiglione delle meraviglie foto Pino Le Pera drammaturgia di Massimo Verdastro e Elio Pecora

personaggi e interpreti

                                        Sirena, Titina Manuela Kustermann

Tiberio Massimo Verdastro
Lalli Emanuele Carucci Viterbi
Zenaide, Donna Gloria Liberati
Amalù Giuseppe Sangiorgi
Tigre, Arturo Luigi Pisani
Evelina Chiara Lucisano

scene e costumi: Stefania Battaglia

padiglione delle meraviglie

http://www.teatrovascello.it/2013_14/schede/padiglione_delle_meraviglie.htm

Il Padiglione delle meraviglie”, scritto da Ettore Petrolini nel 1924, è una delle opere teatrali più amare e crudeli del grande attore e drammaturgo romano. In un atto unico in due quadri, l’autore fa rivivere l’ambiente che l’ha visto nascere all’arte: quella piazza Guglielmo Pepe di Roma, piena di baracconi e variegata umanità – imbonitori, lottatori, maghi, trasformisti – dove il grande comico, poco più che adolescente, si esibiva come “donna sirena“.

note di regia di Massimo Verdastro

. “Il Padiglione” è il trionfo della parola e del corpo, di sfide reali o simulate, di serragli di uomini e donne ‘mostruosi’ che, come mezzo primario di sopravvivenza, si offrono al famelico bisogno di stupore e spaesamento del pubblico. Tiberio, Lalli, Sirena Tigre, Amalù, Zenaide, Evelina, sono i personaggi di un mondo ammaliatore e ipnotico, ma anche precario ed emarginato, intriso di un carattere cruento, in cui i sentimenti primari prendono il sopravvento sopra ogni convenzione sociale.

Gli attori si muovono in un luogo dai confini incerti, al cui centro troneggia, unico punto fermo, unica certezza, il “Padiglione delle Meraviglie”. All’interno del grande velario disegnato da Stefania Battaglia accadono cose che non possiamo guardare con chiarezza, ma solo immaginare. Il Padiglione è il luogo della sorpresa. Buio e luce, silenzio e clamore si alternano. Divertimento e paura fanno a gara nel prendere il sopravvento. Quando l’involucro si apre, tutti possono vedere e allora è lì che sorgono gli interrogativi più difficili. Non sappiamo e non possiamo dare risposte certe a quelle domande che sembrano volerci scuotere da un pericoloso torpore

Il tessuto drammaturgico dello spettacolo integra nel testo di Petrolini, lasciato pressoché intatto, i contributi scritti dal poeta Elio Pecora per alcuni personaggi. La parola poetica fa da eco alle ‘voci di dentro’ delle creature petroliniane che, improvvisamente, per un attimo, si esprimono con parole nuove, inaspettate. “Il testo è una prigione, diceva Petrolini, occorre evaderne! L’attore deve saper entrare e uscire dalpersonaggio, dismettere i panni della finzione e rivelare se stesso”. A queste evasioni Petrolini dà nome di ‘slittamenti’ e ci parla anche di quellepericolose assenze chechiamaspazio vuoto’: “Per colmare queste fenditure degli spazi vuoti nel pubblico, non basta l’opera recitata così com’è, come non bastano le vecchie risorse di trucchiteatrali predisposti e tradizionali; occorre avere un senso esatto di quello che domina il pubblico in quel momento e orientarlo improvvisamente, a tradimento, verso qualche idea nuova che lo colpisca all’improvviso e lo domini per qualche minuto, un’allusione ai fatti del giorno che formano il fondo dei pensieri d’ognuno, ma che nessuno s’aspetta di sentirsi ricordare…”

Con Elio Pecora abbiamo cercato di evadere dal testo originario, facendo emergere le voci segrete dei personaggi, quelle voci nascoste, non dette che però sono lì, sotto la sabbia umida della pista del Padiglione. La tecnica dello ‘slittamento’ sembra nascere davvero dal fondo della Psiche.

Quest’opera, forse la più amara e crudele di Petrolini, rivela anche una malinconica delicatezza. Sembra volerci dire che l’umanità potrebbe orientarsi ex novo se solo riuscisse ad abbandonare, una volta per tutte, l’inganno, il rancore, la gelosia, il possesso. “Tuttosbagliato, tutto un mondo da rifare” è il leitmotiv del nostro autore, ma per edificare un nuovo mondo è necessario passare per il disordine, il ridicolo, l’informe, l’animale. E non per fermarsi lì, ma per scoprire al fondo del nostro essere possibilità di sviluppo diverse, per ricominciare daccapo, a creare, a valutare, a dividere il mondo. Adesso l’unica strada certa è quella della ‘meraviglia’ che per Petrolini, come anche per noi, non è altro che la pratica teatrale.

Dopo l’esperienza di “Satyricon-una visione contemporanea” da Petronio, che ha visto il coinvolgimento di sei drammaturghi italiani, la mia Compagnia collabora nuovamente con TSI La Fabbrica dell’Attore per la realizzazione di questo nuovo spettacolo. Una nuova avventura e un’occasione importante per l’’incontro’ in scena con Manuela Kustermann nei panni di Elvira-la donna Sirena, il glaciale e allo stesso tempo struggente personaggio inventato da Petrolini.

La scelta di portare in scena un testo di Petrolini non è casuale. Potremmo dire che il grande attore e drammaturgo romano è un discendente di Petronio, che nell’opera dell’enigmatico autore latino vi sia già in nuce l’anima di Petrolini, o meglio che il “Satyricon” contenga quell’humus che a distanza di secoli ha permesso la creazione artistica dell’attore. E se il “Satyricon” è un’opera mondo, in quanto racchiude in sé l’esperienza umana, lo stesso potrebbe dirsi dell’opera di Petrolini. Lo prova il fatto che la peculiarità di entrambi sia l’incontro dei due estremi, il tragico e il comico, componenti irrinunciabili della natura umana.

Note sulla drammaturgia di ELIO PECORA

Sono stato uno spettatore più che entusiasta del Satyricon messo in scena da Massimo Verdastro. Così quando mi ha chiesto di collaborare al Padiglione petroliniano ho accettato con altrettanto entusiasmo. Tornare al teatro, dopo anni di lontananza d’autore, mi dà una vera contentezza.

In quale modo intervenire in una commedia amara e toccante? Come accostarsi al grande autore-attore romano, alla sua ironia spoglia?

Tutto del testo petroliniano doveva essere lasciato così com’era: la serata- spettacolo di un piccolo gruppo di persone, chiuse nelle loro bugie, nei loro amori traballanti, portati da un’urgenza tanto prossima quanto oscura. Poteva quella favola triste, a momenti grottesca, consegnarsi allo spettatore e trattenerlo?

Bisognava in qualche misura e per alcuni momenti mutare alcuni di quei personaggi in persone: non interpreti di una storia conclusa, ma creature prossime e somiglianti. Dunque uscire dalla recita per chiamare lo spettatore ai suoi stessi dilemmi, a una pur dolorosa condivisione.

E’ quello che lo stesso Petrolini sostiene nel suo Modestia a parte, in cui riflette sugli “spazi vuoti” che uno spettacolo teatrale comporta nello spettatore. “Slittamenti” dell’attenzione, e per ovviarli tocca all’attore uscire anche solo per qualche momento dalla sua parte e orientare lo spettatore, sorprendendolo, verso “il fondo dei propri pensieri”.

INVOLUCRI E INGEGNI – note sullo spazio scenico di Stefania Battaglia

Per decine di secoli, fino alla metà del ‘900, le fiere accompagnano la vita del mondo euro- occidentale, offrendo nelle piazze una miriade multiforme di ‘attrazioni’. All’esterno e all’interno delle cosiddette ‘baracche d’entrata’ si dispiega un genere di spettacolo non definibile, un ‘teatro delle meraviglie’ variopinto e cialtronesco, dal linguaggio iperbolico, ricco di invenzioni strampalate, di virtuosismi e trucchi vistosi.

Come emergendo da una memoria incerta e slavata, le tracce scarnificate e trasfigurate di quel mondo da tempo dissolto si sostanziano in sorte di ingegni scenici, in mutua complicità con gli attori.

L’area scenica è un luogo indefinito, instabile e metamorfico, virato in una patina di grigio uniforme. Baricentro e ventre pulsante dello spazio, con le sue dinamiche di apertura e chiusura, di trasparenze e opacità, di ombre e proiezioni, di voci e rumori, un grande involucro dai confini fluidi: incubatore di apparizioni, di sorprese e misteri, scandisce il procedere della vicenda, tra ‘numeri straordinari’ e miserie del quotidiano, tra presagi e compimenti della tragedia.

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