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Città Sommersa – Marta Barone ed. Bompiani

2020/06/11 - Attualità, Biblioteche, Letteratura, Premio Strega 2020 di: MG Colombo
Città Sommersa – Marta Barone ed. Bompiani

 ” Come sarebbe andata se non avessimo sprecato tutti quegli anni “.
Marta Barone

Può essere che anche Leo Hollis oggi si sia ricreduto su quanto espresso con tanta convinzione ed entusiasmo in  Cities are Good for You: the genius of the metropolis (ed.Bloomsbury 2013), ove sosteneva la tesi, già allora con alterni toni contestata dai più, che le grandi città, proprio in quanto regine di caos, congestione, diseguaglianze e ingiustizie sociali, siano il posto migliore dove vivere.

In netta emozionale controtendenza  Marta Barone nel suo libro Città Sommersa,  elegge Milano ad inquietante set attivo della vicenda narrata, suggerendo una dimensione alienante, di suoni stridenti e stranianti, di metafisico oscuro vuoto, nell’ambito della quale il motto graffittato sui muri Fuori luogo ovunque diventa per la protagonista l’insistente mantra/monito della Città, già evocata dal nonno come città di streghe e oggetto di malinconici interrogativi da parte del padre ( perchè mi hai respinto? Perchè non son riuscito ad appartenerti?).

E’ in questo spazio urbano, colto, con bella scrittura fortemente evocativa e dark, nella sua inquietante nudità materica e percepito estraneo e indecifrabile come una cattedrale vuota in cui ogni passo aveva un’eco sproporzionata, che, tassello dopo tassello si ricostruisce la vita di L.B. uomo/ padre/ marito /compagno/ leader/ medico spaventosamente libero, spaventosamente innocente, eppure condannato per partecipazione a banda armata.

Il ritrovamento casuale da parte della Scrittrice, ormai non più rabbiosa adolescente, di alcuni documenti dimenticati, relativi alla vicenda giudiziaria paterna, i contatti con i superstiti testimoni dell’epoca, la riflessione sulle caratteristiche temperamentali del genitore, brevi ricordi personali, riflessioni sull’estetica del perdente, che caratterizzava la complessa figura paterna, portano oltre l’ottica del riscatto personale e diventano occasione di ripensamento di un’intera epoca privata e pubblica.

Ed è lungo le strade di Milano, ma anche di Torino, Napoli, Roma nella febbrile Italia degli scioperi, dei licenziamenti, degli attentati dei 70 che Marta Barone tenta puntigliosamente e dolorosamente di ricostruire i pensieri di quel padre bizzarro, con un talento per la gioia ( gli piacevano tutti, tutti erano da salvare), immischiato suo malgrado in una  vicenda di sangue per il pressapochismo giudiziario, affidato a testimonianze contraddittorie e memorie inaffidabili e lacunose.

La ricostruzione dell’identità paterna la porta, oltre i ricordi personali, a ripercorrere il complesso mondo delle formazioni armate di quegli anni, colte nella violenta escalation competitiva che le travolse e che, con dettagli strategici raccapriccianti e surreali pratiche gestionali, le assimilarono a bande malavitose.

Leonardo Barone, rampante e ammaliante intellettuale, nè organico nè pifferaio, entusiasta e sentimentale, sembra evocare l’impegno pittoresco e fuori dal coro di Cosimo di Rondò, che, nel prendere le distanze, rifugiandosi sugli alberi, trova la giusta dimensione per condividere con la comunità il suo sapere, capace di cogliere le difficoltà della vita quotidiana, senza smettere di esercitare diritto di critica anche verso la propria parte, di cui pure porta il peso.

Così, a proposito del ruolo dell’intellettuale, nel segno della leggerezza, raccomandava Calvino, inascoltato nelle surriscaldate parossistiche assemblee sessantottine.

La conclusione del libro, nel grandioso scenario di Stromboli, riporta ad una immagine, che, pur parzialmente pacificata tra la personalità contrastante nel privato e nel pubblico di L.B. e l’implacabile figlia, deve fare i conti con il mistero dell’esistenza, o, come molto meglio, in originalità e profondità di pensiero, fil rouge di tutto il libro, dice Marta Barone, con la malinconia della vastità.

 

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