Chi fosse colto da sconforto attraversando oggi in tempi poco meno che biblici Roma intasata dal traffico, chi guardasse con insofferenza alla convulsa fase gestatoria delle prossime elezioni con (in)soliti manifesti di becera individualistica arroganza, chi, puta caso, trovasse irritante il carro dell’AMA fermo, alle tre del pomeriggio, a fontana di Trevi, ostaggio di turisti vocianti il sabato prima della Befana, chi genericamente, per testimonianza diretta o cinematografica, fumettistica, canterina, letteraria, avesse nostalgia di una certa Roma capitale delle arti, del cinema, della vita associata, della battuta, quella insomma de Il palloncino rosso di Flaiano, bene farebbe a tuffarsi nella lettura di ” Addio a Roma”.
Sandra Petrignani in poco meno di 350 pagine avvince diverte documenta il lettore, confermando, senza lagne con storiografico sprint, l’esistenza di un’amatissima città di irresistibile fascino prima che, tra produzione artistica e consumo, si insinuasse l’industria dei servizi.
Roma città-palcoscenico senza sipario, ove le Ninette potevano, sia pur in invalicabile asimmetria, come il solito caustico Flaiano sottolineava, assistere ai reading di bacchica creatività, improvvisati tra i tavoli di trattorie trasteverine, sotto le stelle, tra Pasolini e Penna;
ai litigi paparazzati in via Veneto tra i divi del cinema, alle insofferenze coniugali del duo Morante/ Moravia, ai litigi furibondi dei Ginsburg, al puntiglioso sodalizio Fellini/ Flaiano, ai palpiti di Grazia Deledda nell’inedito ruolo di amante di Cecchi, al braccio di ferro tra la Bucarelli e De Gasperi attorno all’Astrattismo.
Lo sguardo femminile anzi già femminista di Ninetta, creatura pasoliniana non solo nel nome, riconosce spessore a tutte le donne dell’epoca, quasi sempre relegate a balenii da comparsata, qui invece restituite al loro essere agguerrite compagne, fine intenditrici d’arte, antesignane di mode, luciferine antagoniste di monumenti nazionali, insofferenti delle gerarchie consolidate, orgogliose intellettuali non così distratte da travolgenti passioni.
Da Audrey Hepburn, giunco senza peso, alla poetessa Ingeborg Bachmann, all’esule Maria Zambrano, a Palma Bucarelli, italica Minerva, scelta in copertina come testimonial dell’epoca, a Irene Brin, Dacia Maraini, Paola Pitagora ……sono tante le donne che rischiarano l’etere delle notti romane e le pagine della Petrignani.
Non ci si stanca di percorrere questa Roma di magnetismo assoluto, ante “Calce & Martello”, così poco aziendale, in grado di inchiodare Picasso,Truman Capote, De Chirico, Guttuso, Schifano, Calvino (allora presissimo da Elsa de Giorgi),Visconti, Zavattini, Germi, De Sica…..
I Cinquanta e i Sessanta all’insegna di pane amore e fantasia, tra Rai, Cinecittà, GNAM rivivono tumultuosi irosi speranzosi nel libro della Petrignani, che non cade nei tranelli di eccessi agiografici anche grazie ad appunti d’autore, tipo:
“La nausea di questo maledetto momento che stiamo attraversando!
Tutto diventa materia di esibizionismo e di rotocalco.
Tutto viene preso sul serio in questo maledetto paese eccetto le cose serie”.
Sempre lui, Flaiano naturalmente, annata ’57!
E più ancora con l’esergo lucidamente intuitivo di Pasolini, la cui morte è scelta come conclusione di quella golden age:
«Il mondo borghese, il mondo della tecnologia, il mondo neocapitalistico, va verso una nuova preistoria».
4 thoughts on ““Addio a Roma”, di Sandra Petrignani (Neri Pozza ed.)”
Sarete pure critici “per caso”, ma sono assolutamente entusiasta di questa frizzantissima recensione. SP
ottima recensione
Una recensione che mi ha suscitato una grande curiosità.
Ho condiviso con alcune amiche “Care presenze” e letto con piacere “La scrittrice abita qui” e “Le signore della scrittura”, penso che leggerò anche questo al più presto.
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