Menu

Tutto quello che volevate sapere sulle agabbadoras

2018/12/28 - Attualità, Cinema di: MG Colombo
Tutto quello che volevate sapere sulle agabbadoras

 ” Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo,
ma non possono uccidere l’anima”
dal Vangelo secondo Matteo

Se, per i più, è stata Tzia Bonaria Urrai, protagonista del romanzo Accabadora di Michela Murgia, a svelare l’esistenza di pratiche legate alla buona morte in Sardegna, Fabrizio Galatea, noto documentarista, si è imbattuto nelle femine agabbadore nel Museo Etnografico di Luras.
Qui ha trovato elementi di grande suggestione, che lo hanno spinto a ricercare prove testimoniali, fornite dalla credibilità di numerosi personaggi e intellettuali.
Con grande riserbo, imposto dalla delicatezza dell’argomento e dalla riservatezza proverbiale della locale organizzazione sociale, all’interno della quale era diffusa la pratica, la cinepresa di Galatea ha percorso campagne, strette vie spazzate da venti e nevi, si è addentrata in ambienti domestici, salito scale, osservato utensili domestici, vecchie diapositive, angoli intimi, armadi serrati, letti sfatti, mentre la voce dei testimoni rievocava frammenti di vita vissuta.

Favole per adulti, come dice Piero Bardanzellu, ricordando tzia Domenica, mastra di paltu, e all’occorrenza di morte.

Strappate all’atmosfera incerta e misteriosa di ricordi infantili, senza forzare dolorose memorie, Galatea ha sottolineato la pietas intrinseca al terribile atto delle agabbadore, cogliendovi  sorprendenti dati identitari, tutelati dall’isolamento e, più ancora, dal terrore dell’Inquisizione e dall’autorità costituita.

Cucivano e scucivano non solo panni, ma anche destini, le Tzie Urrai galluresi, fino ai primi del ‘900.

Set di queste vicende gli stazzi, immersi in millenari silenzi, i minuscoli centri abitati in lotta per la sopravvivenza, i palazzi di severa struttura e i miseri tuguri, ove la vita mette tutti alla prova, ove tutti sapevano tutto di tutti.
Compreso il tabù della morte dolce.

Piero Bardanzellu ex sindaco di S.Teresa di Gallura

Piero Bardanzellu ex sindaco di S.Teresa di Gallura

Chiamate dai familiari stessi al capezzale di moribondi sofferenti, in extremis, in un mutuo drammatico passaggio salvifico, tutelato da pietosa omertà, le femine agabbadore, rigorosamente in nero e in silenzio, svolgevano il loro ufficio, nella riconoscente consapevolezza della comunità di appartenenza.
Il film, assolutamente da vedere per il manifesto interesse culturale e gli spunti di riflessione che propone, restituisce atmosfere e modalità di vita del passato, legate ad una sorta di rustica eutanasia, contrapposta all’asettica efficienza delle pratiche attuali, da svolgersi, per difetto legislativo, lontano dalle mura domestiche e dal proprio ambiente, come nell’emozionante racconto di Donatella Turri.
Splendide le riprese di Claudio Marceddu, che, in sapiente montaggio, raccontano una Sardegna di suggestiva umana riservatezza e inimitabile specificità ambientale.

Dai titoli di coda , il nome dei protagonisti delle interviste, raccolte da Fabrizio Galatea per il suo  film.

 

Galatea

  •  
  •  
  •  
  •  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *