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Il gioco – Carlo D’Amicis

2018/06/08 - Letteratura, Premio Strega 2018 di: MG Colombo
Il gioco – Carlo D’Amicis

Non c’è gioco senza rischi

C’è tanta vita nella narrazione intima ed impudica del libro di Carlo D’Amicis, alla ricerca del piacere ed invece inchiodata al dolore.
Chi non avesse pratica di siti scambisti.com , potrebbe rimanere incredulo e perplesso dinnanzi al fascino ossimorico che le regole rivestono agli occhi degli irregolari(ssimi) protagonisti del libro, la cui autobiografia esistenziale, esposta con brutale enumerazione di attitudini e abitudini, costituisce l’ossatura del libro Il Gioco.
Chi si volesse applicare al tema vasto e inquietante delle mille e una forma dell’erotismo, o più banalmente, con una punta di voyeristica propensione, fosse incuriosito dalla varietà dei giochi di ruolo estesi alle relazioni intime, troverebbe soddisfazione nelle tre interviste di boccaccesco taglio ( e per scansione geometrica e per contenuto, sostituito l’erotismo bucolico con l’erotismo internettiano) raccolte nel libro di D’Amicis.
Tre lunghi capitoli, sotto forma di altrettante interviste, raccolte in tre giornate distinte, con asettica assenza di giudizio da un anonimo intervistatore, interessato forse alla psicologia, forse alla perversione delle relazioni umane, forse alle contraddizioni dei comportamenti, forse alla diffusione ed amplificazione di alcuni immaginari divenuti mainstream ad opera della cultura massmediologica, costituiscono la densa e scabrosa trama e consentono ai personaggi la narrazione di se stessi e delle dinamiche costitutive del loro sodalizio.

Comincia Leonardo/Mister Wolf, bull in gergo, instancabile performer del sesso seriale, che con provocatoria brutalità dichiara subito di voler soddisfare il bisogno di indecenza dell’intervistatore.
Lettore onnivoro, per propensione, attitudine, e financo ribellione all’autoritarismo del padre (carabiniere ucciso dalle BR e sprezzante di storie), vive calandosi via via nei panni malinconici di un Oliver Twist, nell’umanità del principe Myskin, nella risolutezza a non ricalcare, per bisogno di protezione, la fine infausta dell’uccellino del racconto di Pynchon.
Incline al gioco del sesso, esercitato con la generosità e l’umanità del samurai, sulle orme di illustri esempi letterari, da re Artù a Chatterley, abbastanza stanco della meccanicità del gioco e alla fine aspirante a serate piccolo borghesi davanti al televisore.

Seconda giornata con Eva/Sweet, figlia di ragazza madre, collaboratrice di giustizia e vittima di  mafia, sotto protezione fin da bambina, dominante e dominata da sguardi maschili, oggetto e soggetto della vicenda, first lady per sempre. Fiume in piena davanti al registratore, con amara ironia ed indisponente sincerità, mette insieme i frammenti biografici che hanno determinato incontri e percorsi esistenziali della triangolazione, peraltro già nota ai tempi di Erodoto.

E poi c’è lui, Giorgio/Cuckold, il più patetico della triade, stretto tra perbenismo e indecenza, Presidente di un trio trasgressivo e manipolatore, con aspirazione a farsi male nella sua conclamata impotenza, al centro del caos relazionale, figura chiave per ricomporre un quadro di malinconica e, a volte, esilarante intensità.

Con efficace plot e colta scrittura, Carlo D’Amicis indaga sul libero gioco dei suoi personaggi e sulla funzione della letteratura, generatrice di ricerca e verità che scaturiscono dal gioco della finzione.

” Alla fine, chi non vorrebbe trasformare l’inquietudine della propria esistenza in una storia?”

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