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Il rumore del mondo – Benedetta Cibrario

2019/06/17 - Attualità, Biblioteche, Letteratura, Premio Strega 2019 di: MG Colombo
Il rumore del mondo – Benedetta Cibrario

Famolo storico, il romanzo.
Due romanzi storici nella cinquina dello Strega 2019:
M di Scurati, ed. Bompiani, Il rumore del mondo di Cibrario, ed. Mondadori
Circa 800 pagine a tomo.
Come dire, romanzi di peso. 
La Storia colpevolmente mortificata a scuola, vistosamente assente come riferimento per la contemporaneità nel panorama politico, apparentemente incapace di fornire plausibili letture attorno ai meccanismi del potere e al successo del pensiero dominante, cede il passo alla Letteratura che sdogana, attraverso il redivivo genere letterario del romanzo storico, contenuti nazionalpopolari e modalità narrative di stampo ottocentesco.
“Il grande pubblico non legge i trattati di storia, mentre un romanzo è in grado di raggiungerlo” annota da oltrealpe Hilary Mantel, 69 anni, una delle persone più infjuenti del mondo, secondo il Time.
Due volte Booker Prize (con buona pace di McEwan e Coe ) nel 2009 con Wolf Hall  e nel 2012 con Anna Bolena, domina le classifiche anche grazie all’immancabile elegante adattamento televisivo della BBC.

Benedetta Cibrario, prosa sontuosa, sintassi fiorita e musicale, punteggiatura  impeccabile, sdegnosa di urticante aposiopesi, documentazione accurata sulla vita pubblica e politica, a cominciare dal gran diluvio napoleonico., esperta financo della sconfitta di Mondovì, sulle alture del Brichetto (!), con occhio e orecchio attento alle novità sociali, sensibile ai fermenti risorgimentali, curiosa delle storie che fanno la Storia, trasforma un potenziale polpettone storico in un libro che mette daccordo marketing e critica.
Full immersion nel decennio risorgimentale, dal 1838 al 1848, visto attraverso le vicende di Anne, diciannovenne inglese di alabastro prima di essere sfigurata dal vaiolo, mentre viaggia alla volta di Torino, per raggiungere il marito Prospero, già e per sempre pentito dell’avventata unione, a prescindere dagli effetti devastanti del vaiolo.
Borghese illuminata riuscirà ad adattarsi al cupo ambiente della nobiltà torinese, a mettere su un’attività imprenditoriale innovativa e di successo, a coltivare spinte ecologiste nella tenuta di famiglia del Mandrone, a dedicarsi alla filantropia, incarnando un non frequente ma vincente prototipo di imprenditrice alla Daniela Ducato.
Piace a pubblico e critica veder in azione l’ascensore sociale, guardare con la dovuta sufficienza alle epidemie di tifo e vaiolo, parteggiare per medici alla Roberto Burioni, precursori di studi sugli agenti infettivi.
Non si sfugge al fascino tattile e visivo di sete fruscianti e impalpabili organze, al contenuto dei cinque bauli del corredo, giunti da Londra a Torino, via Genova per la giovane ricca sposa.
Si inorrridisce davanti al maschilismo di nonni misuratori di segatura nel cervello delle nipotine, si sbarrano gli occhi davanti alle rigidità di casta “un chirurgo per quanto stimato entra dalla porta dei fornitori.”
E come resistere all’odore di legno incerato, agli stivali di vitello spazzolato, che manco più Gucci, 
Si arriva a vagheggiare il budino con giusta dose di uvetta, zenzero; si fa persino un pensierino al servizio di piatti Mason da 36 coperti, non fosse che la mancanza di sguattere, valletti, cameriere, cuochi, governanti, brulicanti nel romanzo, riporta velocemente al disavanzo nazionale, con relative incombenti procedure di infrazione.
Tanta voglia di evasione.

 

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