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Ciabatti se/duce

2021/03/04 - Attualità, Biblioteche, Letteratura di: MG Colombo
Ciabatti se/duce

La paziente parla molto velocemente, d’impulso e (pare) senza discriminazione.
cosicchè l’importante e il banale, il vero e il falso, il serio e lo scherzo
sgorgano in un flusso rapido, non selettivo, quasi confabulatorio…
può contraddirsi completamente nel giro di pochi secondi.
Oliver Sacks

 

Mai exergo, a firma Oliver Sacks ( si, il neurologo) fu più illuminante.

Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti è un altalenante gioco di specchi ove il vero e il falso cessano di essere categorie distinte e separate per convergere in un’unica realtà contraddittoria, in un gioco di cuci/scuci, parla/sparla, confessa/sconfessa, interiorizza/esteriorizza, giura/spergiura, tra un outing e l’altro sempre più abrasivi.
Teresa Ciabatti, in urticante mood, mette a dura prova la capacità di relazione con i lettori, che da uno sconcerto all’altro, empatizzano con il virgulto maremmano, trapiantato in arido humus pariolino, strafottente per difesa, come insegnerà la parabola  esistenziale della piùbelladelreame, prova provata, seppur differita, che l’autostima non albergava nemmeno al Circolo della Caccia.

La scrittora/personaggia ricorda la goffa adolescente che è stata, banalmente castana, in mutande allo specchio, in obesità e anoressia, nostrana Bridge Jones con un potenziale intellettivo sprecato, giovane Holden in gonnella, di sfiancanti osservazioni, recriminazioni  su madre, padre, bisnonno, figlia, marito, amanti, amiche, che non esita ad (ab)usare nella narrazione sentendosi (ab)usata.

Spregiudicata e fragile, insicura ma pronta a bravate alla Footloose, nel teatrino di teste mozzate della sua adolescenza, si candida a disturbi pscosomatici di imbarazzante evidenza, lei che non chiede altro che essere miliardaria come tutti.
Tanto timorosa quanto smaniosa di cadere nella fantomatica botola ove si vociferava sarebbe caduta Emanuela Orlandi verso destini di indicibile romanzesco fascino.

Nel sempre valido entrelacement di lontana ascendenza e rinnovata valenza, la narratrice tira dentro al suo letterario caleidoscopio un’intera generazione, tutte le ragazze fragili che siamo state, quelli del liceo Mameli, ma anche per dire, quelli del Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare, mescolando  tessere private e pubbliche, privilegi e handicap,

Intelligente e anafettiva la protagonista arriva al successo, cui sempre si sentiva vocata e sperimenta, inebriandosene, le liturgie festivaliere, la gratificazione legata al consenso del pubblico, gli eventi cultural/mondani, i salotti letterari, le comparsate in tv in gran tiro, a tu per tu con chi l’aveva snobbata, lei, vergine di provincia, ingrata figlia, deplorevole madre, in trionfante risarcimento emotivo e rivalsa sociale.

Ma niente è stabile, massimo nella repubblica delle Lettere ( non si legge più neanche Roth, Moravia, per dire…) così nello sconcerto di perdita di popolarità, arriva lo smottamento emotivo con outing di piglio shakeasperiano, la Cenerentola di provincia  ribalta la prospettiva emozionale con cui si era offerta vittima sacrificale di snobismi di classe, e spariglia il resoconto fatto fin qui: non più vittima ma carnefice,

Tutto questo in scrittura, lingua e ritmo vertiginoso, aderente ai sussulti sentimentali e cronologici del testo.
In uso sfrontato ( si può dire?!) dell’ellissi che spesso da al fraseggio cadenze poetiche;  l’asindeto che gode come un riccio, e sinceramente, quando vengono evocati i rapporti fisici, non parlerei di disfemismo se non che per usare un eufemismo,

autrice: Teresa Ciabatti
titolo:    Sembrava bellezza
editore: Mondadori
pagg.    235
€ 18

Candidato Premio Strega 2021.

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