La penna alata di Sandra Petrignani intreccia un imperdibile patchwork documentale, tenuto insieme dal filo del suo fluido talento narrativo e seducente minimalismo.
Caratteristica quintessenziale di questa narrazione la capacità di bussare alle porte dei personaggi con “ardente pazienza”, di ascendenza nerudiana, per protendersi su specifici mondi fisici ed emotivi, bypassando il tabù della complessità, oggi così poco amata.
In una sorta di appassionato seppur rispettoso feticismo per i suoi personaggi raccoglie vizi e vezzi, virtù e horror vacui, scova foto, snida sofferenze e insofferenze, capta malumori, rovista negli armadi, spulcia testimonianze, pesca aneddoti.
Vuol sapere come lavorano, come abitano, cosa sognano, cosa li inquieta, come appaiono nel loro intimo; accende i riflettori su amori travolgenti o cosìcosì, amicizie inossidabili o sempre sull’orlo del conflitto, misteri editoriali, antipatie a prima vista o colpi di fulmine.
Con una precisione alla Google.maps offre ai lettori verbali planimetrie stradal/sentimentali con cui accompagnare su e giù per le città i protagonisti, esplora col fiato sospeso camere d’albergo, androni di vecchi palazzi; certifica stato di abbandono di mobili e tappezzerie, entra in uffici, case di famiglia e di vacanze, luminose o tetre.
Sale e scende per antiche scale, accarezza corrimano, spalanca finestre polverose, scova targhe, esplora giardini, cerca impronte perdute sul selciato (pag 276).
Non manca di vagar per cimiteri.
E poi convoca nipoti e cugini, insegue scrittori, critici, collaboratori, attrici e serve (pag.241), rispolvera rancori e amori, indaga su delusioni ed elusioni, sgretola luoghi comuni.
Con una narrazione pop up Sandra Petrignani fa balzare in tridimensionale evidenza un mondo, scava dentro l’intero patrimonio culturale di un’epoca, e, combinando biografia e geografia,
sulla scorta degli eclettici interessi di Nat (ormai la chiamo così anch’io) scrittrice, critica, polemista, moglie, amante, figlia, madre, testimone, editora, financo madonna nel film di Pasolini, offre il quadro del cambio di paradigma etico/estetico di un’intera epoca.
In una sorta di romanzo totale, prezioso zibaldone, che ipnotizza chi lo legge per tutte le 460 pagine, Sandra Petrignani muta la Ginzburg da icona letteraria in persona reale:
“Torinese palermitana, che a un certo punto incontrò l’animo russo incarnato in Leone”, padrona di un gran potere editoriale, ma con la sensazione d’essere “disgraziata e incapace”, somara e scopacessi, gelosa delle sue vicende più intime, con un chiaro mantra esistenziale, lascito di Leone, che l’accompagnerà sempre e che mi piace riassumere con le parole di Charles Péguy
“Il faut sur la terre faire son métier d’homme” .
Libro che fa zampillare interessi passioni curiosità.