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Tutta la vita da vivere – Francesco Paolo Tanzi

2021/11/07 - Arte Contemporanea, Letteratura di: MG Colombo
Tutta la vita da vivere – Francesco Paolo Tanzi

” Amo gli uomini che cadono, se non altro perchè attraversano”.
Friedrich Nietzsche

Campione di autenticità, Francesco Paolo Tanzi dipana il suo ingarbugliato thread esistenziale nel romanzo Tutta la vita da vivere, pubblicato da graus ed.
Borghese, intellettuale, filosofo in bilico tra aspirazioni individualiste di stampo nietzschiano e frequentazioni borghesi da commercialista, ancorchè d’animo sessantottesco, Sandèr Trìeco, protagonista del libro, ti rimane appiccicato addosso nell’universalità del suo esistenziale malumore.

Feticista dell’insoddisfazione, alla ricerca di un epicentro vitale, di un’emancipazione sempre ostacolata da scarsa decisionalità, da confusione di obiettivi, da insicurezza di risorse, ma anche dal dispotismo degli eventi della vita, dal dispiacere di rompere vincoli profondi o anche solo consolidati dalle convenzioni, vive, inquieto e infelice, in precario equilibrio sul doppio binario della progettualità creativa e della soffocante routine, tra ragione e istinto, pancia e mente in inconciliabile dualità.

La lucida e scorrevole prosa del capitolo I certifica un’avvenuta ineluttabile decisione, lungamente rimandata, mentre il tempo macinava delusioni e moltiplicava frustrazioni, e chiude definitivamente ( quanto si vedrà) un periodo di sofferta (in)certezza e incapacità decisionale, consumata tra l’aspirazione ad una nuova identità e la quotidianità.

In fila all’areoporto con il biglietto in tasca per New York, tra folla in attesa, file al check-in, pause al bar, scontato rituale del viaggio che sta per intraprendere e che sancisce  la  rottura con il passato ( anche certificata da certosina iperborghese sistemazione burocratica di beni e lasciti) Sandèr ripercorre, in una vera esplorazione psicologica e ambientale a tutto campo, il viaggio della sua vita, di un’intera generazione, della sua musica, su cui fiorivano aspettative, stili di vita, esperienze di studio e di lavoro, di letture, con in testa gli amati Joseph Roth e Jack London, Hesse e Hemingway, fomentatori di riflessioni sulla vita e la letteratura, sull’individuo e la collettività, in un lungo intermezzo random, fino al conclusivo capitolo XXII che riporta bruscamente protagonista e lettori all’ hic et nunc.

In controtendenza a Vladimir Nabokov che, in un’intervista degli anni ’70, dichiarava di non voler tornare in Unione Sovietica per non rovinare i ricordi della Russia della sua infanzia, Sandèr, cantore dell’eterno ritorno, è spesso on the road in cerca di sè, tra luoghi e persone che hanno rappresentato in modo fuggevole, ma non per questo meno significativo, quel che avrebbe voluto realizzare con il suo stare al mondo, libero da cliché e tabù.
Nelle maglie dell'(in)decisione, aspirando ad avere un cuore d’aquila, che gli consenta la realizzazione della sua identità, gli accade di scoprire che presunti campioni di autenticità e vita spericolata, in continuo esercizio derisorio e provocatorio dell’orizzonte borghese, in realtà sono modesti attori ( anche un pò vigliacchetti e per nulla realizzati, pure loro) sulla scena del grand recit contemporaneo.
L’epilogo inaspettato della vicenda, col violento prevalere sulle umane decisioni di eschaton, suggella in chiave nichilista, seppur moderata da ironico distacco, l’assunto filosofico della vicenda:
non c’è nulla da capire, non c’è un senso, una logica, un perchè”.
Sarà per questo che Sandèr indulge alla pietas per sè e per la sua generazione, massimo quando, con tono e  garbo speciali, evoca i rapporti con i figli e la moglie che
 “amava due volte, come una meta e come una cosa perduta” *
Noi Sandèr, siam fatti così.

*cit.da Fuga senza fine, Joseph Roth.

Il libro è stato presentato nei suggestivi eleganti spazi della Galleria Sempione da Plinio Perilli, Alberto Raffaelli,  Loredana D’Alfonso, Massimo Chiacchiararelli, Sabino Caronia, Maria Rizzi, Circolo IPLAC.

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